La Corte di Cassazione, in seduta a Sezioni Unite, pone un punto importante in merito alla illegittimità dei contratti di Fideiussione, dichiarandoli sostanzialmente validi ma con l’eccezione di tre clausole.
Come noto, da anni le banche hanno utilizzato la Fideiussione Bancaria sulla base degli schemi negoziali dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI), al fine di tutelare il credito e di coinvolgere dei soggetti terzi a garanzia del rientro del credito prestato. Tale schema era stato redatto nel 2002, ed è conosciuto come fideiussione omnibus. La Banca d’Italia si pronunciò su tali schemi già nell’anno 2005, dichiarando tre clausole dello schema contrarie alle norme che regolano l’antitrust, di solito ritrovabili agli articoli 2, 6 ed 8:
- La clausola di reviviscenza, secondo la quale il fideiussore deve “rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”
- La clausola di rinuncia ai termini, per la quale “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 c.c., che si intende derogato”;
- La clausola di sopravvivenza, per la quale “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”
Le ultime due clausole in particolare hanno effetti negativi sul garante, in quanto lo espongono sia all’invalidità dell’obbligazione principale, sia all’eventuale mancata diligenza della banca che non agisce entro il termine di 6 mesi previsti dall’art. 1957.
Sulle conseguenze derivanti dall’intervento della Banca d’Italia si è prodotto un contrasto tra due orientamenti:
- Il primo che riteneva nullo l’intero contratto di fideiussione;
- Il secondo che riteneva nulle sole le clausole, ma ancora valido il contratto.
La Corte di Cassazione Sezioni unite sentenza n. 41944/2021 ha aderito aderire al secondo filone, ritenendo che le conseguenze dell’inclusioni delle tre clausole nel contratto di fideiussione debbano essere limitate ad una nullità parziale. Questa decisione, secondo la Suprema Corte, tutela entrambe le parti, come da obiettivo della Legge Antitrust:
- La banca viene tutelata perché rimane in piedi la garanzia ottenuta tramite fideiussione;
- Il cliente viene tutelato in quanto vengono eliminate le clausole vietate.
La Cassazione riconosce, dunque, che il contratto si sarebbe concluso a prescindere dall’inclusione o meno delle clausole all’interno dello stesso.
Il principio che la Sentenza esprime è: “I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge succitata e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.”.
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